Diciamo che
mi ero ripromessa post un attimino più ravvicinati nel tempo, ma meglio pochi
che nulla.
Oggi
sfatiamo un altro mito (che è tanto assurdo quanto difficile da estirpare, lo
testimoniano pagine su pagine pseudoculturali in rete): Se saprai starmi vicino
NON è, ça va sans dire, di Pablo
Neruda.
Riporto il
testo:
Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere "noi" in
mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere,
vivere.
Se ogni giorno sarà scoprire quello che
siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l'un l'altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l'ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio perché
insieme è gioia...
Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.
Anche in
questo caso (ma povero Neruda! lui e G.G.Márquez sono, ahimè, i più bersagliati
in termini di attribuzioni sbagliate, e ve lo dimostrerò) penso che nessuno che
abbia letto due, ma dico due, righe del grandissimo poeta cileno possa anche
solo pensare che queste siano opera sua.
Il testo è
del 1991 (Neruda era morto da un po'), scritto un' "autrice"
italianissima, Rosita Vicario, che lo specifica personalmente in un paio di
blog, nonché su alcune pagine facebook, nei quali si definisce onorata per l'attribuzione.
Se non ci
credete, leggete qui:
http://www.rositavicari.it/
Ora, dal
basso del mio non essere nessuno in termini di letteratura, o critica della
letteratura, se non un'assidua lettrice, penso che il paragone sia quanto di
più lontano dal vero si potesse azzardare.
Non che un
autore come Neruda non abbia potuto scrivere qualche massima stile
"consigli dello zio" o "baci perugina in versione estesa".
Magari l'ha anche fatto (personalmente non ne conosco, ma sto cercando di
approfondirne lo studio per emettere il giusto verdetto), ma questi sembrano
una via di mezzo fra i pensieri da scrivere sui libretti dei matrimoni e una
libera interpretazione di uno stralcio del Profeta, di Kahlil Gibran.
Che, per la
pena del contrappasso, mi sento di postare di seguito:
ON MARRIAGE
You were born together, and together you shall be forevermore.
You shall be together when the white wings of death scatter your days.
Ay, you shall be together even in the silent memory of God.
But let there be spaces in your togetherness,
And let the winds of the heavens dance between you.
Love one another, but make not a bond of love:
Let it rather be a moving sea between the shores of your souls.
Fill each other's cup but drink not from one cup.
Give one another of your bread but eat not from the same loaf
Sing and dance together and be joyous, but let each one of you be alone,
Even as the strings of a lute are alone though they quiver with the same
music.
Give your hearts, but not into each other's keeping.
For only the hand of Life can contain your hearts.
And stand together yet not too near together:
For the pillars of the temple stand apart,
And the oak tree and the cypress grow not in each other's shadow.
MATRIMONIO
Insieme siete nati, e insieme sarete in
eterno.
Voi sarete insieme anche quando le ali
bianche della morte disperderanno i vostri giorni.
Sì, voi sarete insieme finanche nella
silenziosa memoria di Dio.
Vi siano spazi però nella vostra unione,
così che i venti celesti possano danzare tra
di voi.
Amatevi l'un l'altro, ma non rendete l'amore
in schiavitù.
Sia piuttosto un mare che si muove tra le
rive delle vostre anime.
Riempitevi l'un l'altro le coppe ma non
bevete da una coppa soltanto.
Donatevi l'un l'altro il vostro pane ma non
mangiate da un medesimo boccone.
Cantate e danzate insieme e siate lieti ma
che ognuno di voi sia solo,
come le corde del liuto sono sole sebbene
vibrino della medesima musica.
Donatevi il cuore senza però affidarvelo
l'uno l'altro.
Poiché solo la mano della Vita può contenere
i vostri cuori.
Restate l'uno accanto all'altro ma non
troppo vicini:
poiché le colonne del tempio s'ergono
separate tra di loro,
e la quercia e il cipresso non crescono
l'una all’ombra dell'altro.
(Da "Il
Profeta", Kahlil Gibran, 1923)
Non conosco
a sufficienza Gibran per dare più di qualche nota biografica: nato a Bsharre,
in Libano, nel 1883 e morto a New York nel 1931, scrisse, a partire dal 1918
(quindi anche questo testo) in lingua inglese.
Da piccola
(molto piccola, penso alle medie) ho letto Il profeta (in italiano, n.d.r., ma
penso lo rileggerò ora, con un'altra maturità e un inglese vagamente migliore)
e onestamente non mi ha fatto impazzire.
E' un libro interessante,
ma interessante come potrebbe esserlo un libro new age, o quei libri stile
"consigli e massime sulla vita" che trovi in libreria nella sezione
"Religione - Filosofia - Altro".
Tecnicamente
parlando non so nemmeno se lo ascriverei al genere poesia.
Di suo,
invece, mi sento di consigliare un altro scritto, di quelli che leggi d'un
fiato e ti lasciano quel dispiacere per averlo finito, misto alla temporanea
paralisi sul cosa iniziare a leggere dopo: si tratta delle lettere d'amore a
Mavy Ziyadah.
Sarà che
quando le ho lette ero giovane e innamorata, forse dovrei rileggerle ora per
un'eventuale revisione al ribasso (non che non sia innamorata, ma un po’ meno
giovane), ma, pur essendo uno dei pochi libri in forma epistolare che abbia
letto (diciamo il secondo, l'altro sono "Le ultime lettere di Jacopo
Ortis"), l'ho trovato davvero interessante.
Comunque
niente a che vedere con Neruda, che resta nell'olimpo dei Poeti.
Purtroppo ho letto poco sia di Neruda che di Màrquez... Non sono un appassionata di poesia,tra l'altro...Quindi grazie per la precisazione.
RispondiEliminaLe hai postate anche tu? :P
RispondiEliminaBasta il primo verso, con quella supplica piccolo borghese, per capire che non ai tratta di Neruda.
RispondiEliminaGrazie della precisazione
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