venerdì 12 giugno 2015

Lentamente Muore...Davvero qualcuno ha pensato che fosse di Pablo Neruda?


A morte devagar
Morre lentamente quem não troca de idéias, não troca de discurso, evita as próprias contradições.
Morre lentamente quem vira escravo do hábito, repetindo todos os dias o mesmo trajeto e as mesmas compras no supermercado. Quem não troca de marca, não arrisca vestir uma cor nova, não dá papo para quem não conhece.
Morre lentamente quem faz da televisão o seu guru e seu parceiro diário. Muitos não podem comprar um livro ou uma entrada de cinema, mas muitos podem, e ainda assim alienam-se diante de um tubo de imagens que traz informação e entretenimento, mas que não deveria, mesmo com apenas 14 polegadas, ocupar tanto espaço em uma vida.
Morre lentamente quem evita uma paixão, quem prefere o preto no branco e os pingos nos is a um turbilhão de emoções indomáveis, justamente as que resgatam brilho nos olhos, sorrisos e soluços, coração aos tropeços, sentimentos.
Morre lentamente quem não vira a mesa quando está infeliz no trabalho, quem não arrisca o certo pelo incerto atrás de um sonho, quem não se permite, uma vez na vida, fugir dos conselhos sensatos.
Morre lentamente quem não viaja, quem não lê, quem não ouve música, quem não acha graça de si mesmo.
Morre lentamente quem destrói seu amor-próprio. Pode ser depressão, que é doença séria e requer ajuda profissional. Então fenece a cada dia quem não se deixa ajudar.
Morre lentamente quem não trabalha e quem não estuda, e na maioria das vezes isso não é opção e, sim, destino: então um governo omisso pode matar lentamente uma boa parcela da população.
Morre lentamente quem passa os dias queixando-se da má sorte ou da chuva incessante, desistindo de um projeto antes de iniciá-lo, não perguntando sobre um assunto que desconhece e não respondendo quando lhe indagam o que sabe. Morre muita gente lentamente, e esta é a morte mais ingrata e traiçoeira, pois quando ela se aproxima de verdade, aí já estamos muito destreinados para percorrer o pouco tempo restante. Que amanhã, portanto, demore muito para ser o nosso dia. Já que não podemos evitar um final repentino, que ao menos evitemos a morte em suaves prestações, lembrando sempre que estar vivo exige um esforço bem maior do que simplesmente respirar."


Lentamente muore
Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca o colore dei vestiti, chi non rischia, chi non parla a chi non conosce. Lentamente muore chi evita una passione, chi vuole solo nero su bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni; emozioni che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbaglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti agli errori ed ai sentimenti! Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza, chi rinuncia ad inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia e pace in se stesso. Lentamente muore chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare, chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli si chiede qualcosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare! Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità

Questo testo, il cui titolo originale "A morte devagar" già qualche indizio sulla sua origine non cilena lo dà, è firmato dalla giornalista brasiliana Martha Medeiros.
Pare che la giornalista, vedendo in rete i propri versi (vogliamo definirli versi?) attribuiti a Pablo Neruda, rivendicò i propri meriti con la fondazione Neruda.
IMHO (In My Humble Opinion, secondo il mio modesto parere, ndt, perché un po' di nerdismo mi resta sempre attaccato quando scrivo con una tastiera, ndr) questo è un testo di quelli che stanno bene sui muri dei locali, o incorniciati sulle pareti di casa, o che funzionerebbe, opportunamente tagliato, come frase d'effetto per una campagna di marketing automobilistica (d'altronde, l'hanno fatto con Shakespeare, non sarebbe così blasfemo. Anzi, ora che ci penso forse l'hanno fatto davvero anche con questo, ecco perché mi suonava così bene).
Conoscere a fondo l'opera immensa di un autore come Neruda è un privilegio di pochi, e non posso considerarmi fra quei pochi, ma la conosco a sufficienza per poter affermare che qui di Neruda non c'è davvero nulla.
A partire dalla lingua! Ma se ne sarà accorto il malcapitato "attributore" che la poesia originale è in portoghese e non in spagnolo?
Misteri...

Invece ecco una delle mie poesie preferite di Pablo Neruda: questo è un blog in italiano, e prima o poi la traduzione la metto ma, siccome molte traduzioni che ho letto sono davvero infedeli, aspetto di metterne una che amo moltissimo e che devo copiare virgola per virgola dal libro originale.
E' tratta da "Residencia en la tierra II", 1931-1935.
E, giusto per rinfrescare le idee, due - ma proprio due - dati di quelli che sembrano scontati ma che raramente lo sono: Pablo Neruda, alias Ricardo Eliezer Neftalí Reyes Basoalto è nato a Parral (Chile) nel 1904 e morto a Santiago del Chile nel 1973, tutte le altre informazioni sulla sua vita si trovano ovunque in rete.
Ma per conoscerlo davvero, un buon inizio è "Confieso que he vivido", in cui lui stesso si racconta e, per chi lo conosce solo per i versi, si rivela un inaspettato e accattivante scrittore di prosa.

SÓLO LA MUERTE
Hay cementerios solos,
tumbas llenas de huesos sin sonido,
el corazón pasando un túnel
oscuro, oscuro, oscuro,
como un naufragio hacia adentro nos morimos,
como ahogarnos en el corazón,
como irnos cayendo desde la piel al alma.
Hay cadáveres,
hay pies de pegajosa losa fría,
hay la muerte en los huesos,
como un sonido puro,
como un ladrido sin perro,
saliendo de ciertas campanas, de ciertas tumbas,
creciendo en la humedad como el llanto o la lluvia.
Yo veo, solo, a veces,
ataúdes a vela
zarpar con difuntos pálidos, con mujeres de trenzas muertas,
con panaderos blancos como ángeles,
con niñas pensativas casadas con notarios,
ataúdes subiendo el río vertical de los muertos,
el río morado,
hacia arriba, con las velas hinchadas por el sonido de la muerte,
hinchadas por el sonido silencioso de la muerte.

A lo sonoro llega la muerte
como un zapato sin pie, como un traje sin hombre,
llega a golpear con un anillo sin piedra y sin dedo,
llega a gritar sin boca, sin lengua, sin garganta.
Sin embargo sus pasos suenan
y su vestido suena, callado, como un árbol.

Yo no sé, yo conozco poco, yo apenas veo,
pero creo que su canto tiene color de violetas húmedas,
de violetas acostumbradas a la tierra
porque la cara de la muerte es verde,
y la mirada de la muerte es verde,
con la aguda humedad de una hoja de violeta
y su grave color de invierno exasperado.

Pero la muerte va también por el mundo vestida de escoba,
lame el suelo buscando difuntos,
la muerte está en la escoba,
es la lengua de la muerte buscando muertos,
es la aguja de la muerte buscando hilo.
La muerte está en los catres:
en los colchones lentos, en las frazadas negras
vive tendida, y de repente sopla:
sopla un sonido oscuro que hincha sábanas,
y hay camas navegando a un puerto
en donde está esperando, vestida de almirante.


giovedì 11 giugno 2015

Perché questo blog?

Capita spesso di trovare in rete, sia sui social media che su pagine di presunta diffusione culturale, aforismi, parti di testi e brani interi erroneamente attribuiti ad alcuni autori ben noti (Pablo Neruda, Gabriel García Marquez e Jorge Luis Borges sono particolarmente inflazionati).
Spesso non occorre avere una conoscenza approfondita dell'autore per rendersi conto che il testo di turno, spesso non molto lontano dallo spessore delle frasi dei baci Perugina o, esagerando, delle migliori pagine della Smemoranda, non c'azzecca una cippa con Neruda o Borges, o qualsiasi altro autore conosciuto. Altre volte l'impresa è più difficile, o perché effettivamente qualche affinità con lo stile dell'autore c'è, o perché i peccati li fanno tutti (nel senso che anche gli scrittori migliori a volte si e ci tradiscono) e se le prime dieci pagine di ricerca google ti dicono che quel testo è proprio dell'autore X, è parecchio difficile dimostrare il contrario (e non tutti hanno a casa l'opera completa di tutti i principali esponenti della letteratura mondiale per verificare se il brano in questione c'è o non c'è!)
Ora, capita che alcune di queste frasi, erroneamente attribuite al Nobel di turno, abbiano anche qualche valore estetico. O semplicemente si prestino a determinati scopi. Oltre che ripristinare la memoria dei grandi scrittori, mi sembra giusto riconoscere il merito agli scrittori, spesso rintracciabili ma non molto conosciuti, a volte proprio ignoti, reali autori di questi testi.
Con l'intento di raggruppare tutte le scoperte relative alle dichiarazioni famose e fasulle ho deciso di creare questo blog.
Spero aiuti chi non si ferma a quello che gli dicono ma vuole sempre verificare se è proprio quello che gli dicono.
Cit. Paola Zubani =D